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werther. | 183 |
le coltri — e mi sveglio — un torrente di lagrime erompe dall’ingannato cuore, ed io guato sconsolatamente incontro al fosco avvenire che l’anima mia presagisce.
22 agosto.
Sono pure infelice, o Guglielmo! Tutte le mie forze m’abbandonano: un’irrequieta indolenza si è impadronita di me — e non posso starmene scioperato, e m’è impossibile d’intraprendere cosa alcuna. La fantasia è muta, ogni senso della natura esterna è ottuso, i libri mi noiano mortalmente. Oh, è pur vero, che, quando noi veniamo meno a noi stessi, ci vien meno intorno a noi ogni cosa!
Ti giuro, Guglielmo, che sono lì lì, talvolta, per desiderarmi di essere un bracciante, di non avere,