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morti! e questi furono a lungo trattenuti sulla scena dagli applausi, finchè poi loro si permise di ritirarsi. Questo scherzo divertì il pubblico in modo incredibile, e risuonano tuttora al mio orecchio i Bravo! Bravi! che gli Italiani hanno ad ogni momento sulle labbra, e che questa sera valsero ad evocare dalla loro tomba i morti.
Buona notte! Così possiamo dire noi, abitatori delle contrade settentrionali, ad ogni ora quando ci separiamo nelle tenebre. L’Italiano invece non dice Felicissima notte! che una volta sola, quando cioè si reca il lume nella stanza, quando difatti finisce il giorno, e comincia la notte, che sono cose affatto distinte l’una dall’altra. Sarebbe intraducibile l’espressione caratteristica di queste parole; imperocchè le parole, dalle più sublimi alle più volgari, riproducono le particolarità delle nazioni nella loro indole, nei loro sensi, nelle loro abitudini.
Il 6 Ottobre.
Dalla tragedia di ieri sera ho pure imparato qualcosa. Ho udito in primo luogo in qual modo gl’Italiani pronuncino e declamino i loro versi endecassilabi; quindi ho capito con quanta avvedutezza il Gozzi mescolasse le maschere alle figure tragiche. È questa la forma di spettacolo più adatto a questo popolo, il quale vuole essere commosso in modo aspro, non prende parte intima, sensibile alle disgrazie, e gode unicamente allorquando l’eroe parla bene; imperocchè pone molta importanza al discorso, ma intanto vuole pure ridere, e si compiace di qualche schiocchezza.
Nello spettacolo prende parte unicamente alla rappresentazione della realtà. Allora quando il tiranno porse al suo figliuolo la spada, richiedendolo di uccidere la propria consorte, la quale gli stava di fronte, il popolo cominciò a manifestare la sua disapprovazione in nodo clamoroso, e poco mancò che la rappresentazione non potesse proseguire più oltre. Richiedevano che il vecchio