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scere il pregio della sua musica, colla perfezione dell’esecuzione. Sapevo che regnava quest’uso in Francia, ma non credevo doverlo trovare in Italia, dove il pubblico pare esservi assuefatto. Non è l’unica volta che egli sia caduto in errore, trovando una soddisfazione in ciò che è fatto per recare invece pregiudizio.


Il 3 Ottobre.

Ieri sera sono stato al teatro S. Mosè, il quale tolse il suo nome da una vicina chiesa, ma non ne rimasi guari contento. La musica difettava di carattere, mancava ai cantanti l’anima, che sola può sollevare a perfezione tale sorta di spettacolo. Non si poteva dire però che nessuna cosa fosse propriamente cattiva, ma due donne soltanto facevano il loro possibile, se non per cantare addirittura bene, almeno per far buona figura, e per ottenere applausi. Era sempre qualcosa. Erano due giovani belle, vispe, dotate di buona voce. Gli uomini per contro avevano voci mediocri, erano freddi, e pareva che non si dessero il menomo pensiero del pubblico.

Il ballo, inferiore ancora all’opera, venne fischiato; vi era però una buona coppia danzante, e la ballerina, la quale si ritenne in dovere di esibire agli spettatori tutte le parti belle della sua persona, ottenne fragorosi applausi.


Il 3 Ottobre.

Oggi per contro assistetti ad un altra comedia, la quale mi ha molto divertito, e fu questa la trattazione nel palazzo ducale di una causa, la quale per mia buona sorte era di molta importanza, e pertanto veniva discussa, non ostante che corrano le ferie. Uno degli avvocati era tale tipo di buffo caricato, che nulla lasciava a desiderare. Aveva figura piccola, però piena, mobile, un profilo sommamente pronunciato, una voce stentorea, ed un tale impeto che