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istruttiva ad un tempo, il potersi aggirare fra mezzo ad una vegetazione affatto nuova, e sconosciuta. Nel vedere le piante, come tutti gli altri oggetti che si conoscono da buona pezza, non si pensa; e che cosa si è la contemplazione, senza il pensare? Qui, fra mezzo a tutta questa varietà, il pensiero trovasi in continuo esercizio, e sorge l’idea che tutte le varie specie di piante, possono pure aver avuta origine da una specie sola. Partendo da questo principio soltanto, rimane possibile determinare logicamente le varie specie, le varie famiglie, nella qual parte mi sembra per dir vero, abbia fin qui prevalso troppo l’arbitrio. Io mi sono impuntato in questo assioma della mia filosofia botanica, e non iscorgo modo di potermene francare. Questa scienza è altrettanto vasta, quanto profonda.

La piazza maggiore della città denominato Prato della Valle, è ampissima, ed ivi nel mese di giugno si tiene la fiera. Vi sono per dir vero nel centro catapecchie in legno, di tutt’altro che bello aspetto; se non che mi si assicurò, che fra poco verrà ivi costrutta una fiera in muratura come quella di Verona, e già si scorgono attorno alla piazza le fondazioni di portici, i quali promettono far buonissima figura.

Si scorge in quella uno spazio di forma elittica, circondato da statue d’uomini illustri, i quali, o nacquero a Padova o coprirono una cattedra nell’università di questa. È permesso a qualunque cittadino padovano o straniero, innalzare in quella località una statua di una certa altezza prestabilita, ad un congiunto o connazionale; basta che sia provato il merito della persona, non che lo avere dessa appartenuta all’università locale. Quello spazio elittico è circondato da un fossato ripieno d’acqua, e sui quattro ponti sovraposti a questo sorgono statue colossali di Papi o di dogi; le altre di proporzioni minori, furono eretti da corporazioni, da stranieri, e da privati. Il re di Svezia vi fece allogare la statua di Gustavo Adolfo, a motivo dell’avere questi, a quanto si assicura, ascoltata una