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trione e levante, lungo i contrafforti di quelli che si hanno costantemente a sinistra, formati di sabbie, di terre calcari ed argillose; su quelle colline sorgono villaggi, case, castelli, ed a destra si stende ampia e vasta la pianura. La strada bella, ampia, e stupendamente mantenuta corre a traverso fertili terreni, ne’ quali in mezzo a filari di piante corrono e ricadono in festoni i tralci delle viti, i quali in questi giorni piegano sotto il peso dei grappoli, oramai maturi. La strada ribocca di persone, di veicoli, e fra questi mi allietavo specialmente a rimirare i carri con ruote basse, piene, tirati da quattro buoi, i quali in grandi cassoni portavano le uve ai tini, dove queste si pestano, e si lasciano fermentare. Fra i filari degli alberi che servono di sostegno alla vite, il terreno è coltivato con ogni sorta di cereali, e specialmente a gran turco ed a sorgo.
Nello avvicinarsi a Vicenza le colline volgono di bel nuovo da tramontana a mezzogiorno; sono di natura volcanica a quanto mi si assicurò, e chiudono la pianura. Vicenza giace ai piedi quelle, e si potrebbe dire quasi in un seno, formato dalle stesse.
Vicenza, il 19 Settembre.
Sono qui giunto da quattro ore, ed ho percorso di già la città, e visti il teatro olimpico, e gli edifici del Palladio. Si è pubblicata ad uso e per comodo dei forastieri una piccola guida con incisioni, e con un testo scritto con gusto in materia d’arte. Nel contemplare quegli edifici si riconosce tosto il loro pregio, imperocchè traggono a sè l’attenzione per la loro grandezza e per la loro imponenza, e soddisfano ad un tempo lo sguardo, per la perfetta armonia delle loro dimensioni, nonchè per la prospettiva delle sporgenze, e delle parti rientranti. Intendo parlare degli edifici del Palladio, che qui si scorge ad evidenza essere stato propriamente uomo distinto. La più grande difficoltà colla quale egli ebbe a lottare, al pari di tutti gli architetti moderni, si fù il retto impiego