tissima, arredata molto modestamento, una signora giovane tuttora, di bell’aspetto, la quale conversava molto piacevolmente, ed anche, fino ad un certo punto, seriamente. Nella sua qualità di originaria di Germania, conosceva le tendenze libere e vaste della nostra letteratura; sapeva apprezzare i lavori di Herder, lo scopo che questi ebbe di mira, ed aveva del pari un idea giusta, e precisa delle opere di Garvens. Era pure al corrente di quanto scrivono in Germania le donne, e si poteva rilevare che avrebbe desiderato a sua volta sapersi valere della penna con eleganza e disinvoltura, ed acquistar fama per tal guisa. I nostri discorsi si aggirarono su quegli argomenti, come pure in torno alla sorte riservata alle giovani di famiglie distinte, e come ben si scorge il campo era vasto. Intanto era quasi venuta la notte, e non si erano accesi ancora i lumi. Passeggiavamo sù e giù per la stanza, allorquando la principessa accostatasi ad una finestra di cui erano chiuse le imposte, le aprì tutto ad un tratto, e vidi tale spettacolo, che non si può vedere fuorchè una volta sola in vita. S’ella lo fece coll’intenzione di recarmi stupore, si può vantare per certo, di avere raggiunto il suo scopo. Eravamo al piano superiore del palazzo; di fronte alla finestra sorgeva gigante il Vesuvio; essendo già da buona pezza tramontato il sole, si scorgevano distintamente le fiamme della lava che scendeva, e cominciavano pure queste ad illuminare i nembi di fumo che loro soprastavano, ed ad ogni scopio di eruzione, tutta la scena si rischiarava, per un istante di luce più viva. Scorgevansi dalla sommità del monte fin verso il mare una striscia di fuoco, una lunga nuvole di vapori infuocati, poi il mare, la pianura, i monti, la vegetazione, ed il tutto distintamente immerso in una luce crepuscolare, pacata, tranquilla. Tutti questi oggetti che si potevano abbracciare con un solo colpo d’occhio, la luna la quale sorgeva a tergo del monte, formavano un quadro meraviglioso, fatto a bella posta per ingenerare stupore.