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antiche stellane erano originarie dei dintorni di Napoli; il Pulcinello prediletto ne ha serbate le tradizioni, e diverte tuttora i Napoletani di oggidì, nella stessa guisa che le atellane formavano la delizia dei Napoletani dei tempi antichi.

Plinio nel capitolo quinto del terzo libro della sua storia naturale, fece alla Campania unicamente, l’onore di un’ampia descrizione. Queste contrade, dice egli, sono cotanto felici, cotanto graziose, cotanto amene, che si conosce come in esse la natura si compiaccia dell’opera sua. Imperocchè, quale aria pregna di vita, quale serenità costante di cielo, queste fertilità di campi, quale amenità di colline, quale presenza di foreste, quali ombre di boschi, quale abbondanza di piante utili, quale ampiezza di siepi, quale quantità di vigne, di oliveti, quale razza distinta di pecore, di animali cornuti; quanti laghi, quale ricchezza di fonti, di acque correnti, quanti mari, quanti porti! La terra a pare dovunque spontaneamente il suo seno al commercio, e quasi volesse giovare agli uomini stessi stende le sue braccia in mare.

Non fo parola dell’ingegno svegliato degli abitanti della loro forza, della vittoria che ottennero colla parola e colle opere, sopra tanti altri popoli.

E di questa contrada i Greci soliti a magnificare con esagerazione le cose loro portavano il giudizio il più favorevole col dare a parte di esso il nome di Magna Grecia.


Napoli, li 29 maggio 1787.

Si osserva dovunque con vera soddisfazione una grande allegria. I fiori, le frutta di colori e di tinte vivaci, di cui fa pompa la natura, sembrano invitare gli uomini ad ornare di colori ugualmente vivaci gli oggetti tutti, i quali servono ai loro usi. Tutti coloro i quali in qualche modo lo possono, si ornano di nastri, di veli di seta, portano fiori sul cappello. Nelle case le più modeste, le sedie, gli