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trasse indietro irritata, dando sfogo con parole piene di vivacità alla sua indegnazione per quel contegno. Neri non disse altro, salì di bel nuovo sulla sua mula, e tornò presso il Papa, quando questi non poteva menomamente ancora pensare al suo ritorno, imperocchè la chiesa cattolica, ammettendo bensì la possibilità dei miracoli, impone però prescrizioni minutissime per istabilirne l’autenticità. San Filippo espose in poche parole al Papa meravigliato il risultato della sua visita. «Quella monaca, disse, non è santa; se ne vanta unicamente; dessa non fa punto miracoli; le fa difetto il primo requisito, l’umiltà.»
Questa massima può essere considerata quale la norma direttiva di tutta quanta la sua vita, e voglio addurne ancora un esempio. Allorquando egli ebbe fondata la congregazione dei padri dell’oratorio, la quale non tardò ad acquistare grande credito, e ad ispirare a molti il desiderio di appartenervi si presentò un giovane principe romano, al quale venne imposto di vestire l’abito, e di fare il noviziato come tutti gli altri. E quando dopo un certo tempo domandò di fare la sua professione, gli fu risposto essere d’uopo che si sottoponesse ancora ad alcune prove, alle quali egli si dichiarò senz’altro disposto. Allora Filippo Neri cavò fuori una lunga coda di volpe, esigendo che il principe se la lasciasse cucire a tergo, sulla lunga veste talare, e che dovesse con quella passeggiare seriamente per le strade di Roma. Il giovane si dimostrò offeso al pari della monaca, ed osservò, che non era già entrato nella congregazione per sottoporsi ad un’onta, ma bensì per ottenere un onore; ed il santo ritenne che il giovane non era ad datto a far parte del suo ordine, dove l’umiltà e l’abnegazione erano la prima legge. E difatti il giovane principe, domandò, ed ottenne il suo congedo.
Neri aveva riassunta in poche parole la sua dottrina: Spernere mundum; spernere te ipsum; spernere te sperni. Queste parole dicono tutto. Un ipocondriaco può osservare con tutta facilità i due primi precetti, ma per adattarsi al terzo, è d’uopo propriamente avere vocazione alla santità.