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vedere le cose, e quasi fossimo una persona sola in ordine ai punti principali. Se tu hai lavorato molto durante questo tempo, io ho veduto molto, e posso sperare faremo scambio piacevole, e vantaggioso d’idee.
Sono per dir vero, come tu ritieni, troppo attaccato al presente nel mio modo di vedere le cose, e quanto più io vedo il mondo, tanto meno oso sperare che il genere umano possa formare un complesso d’uomini savi, prudenti, felici. Forse fra tanti milioni di mondi i quali esistono, ve ne sarà uno il quale si potrà vantare di questo privilegio; al modo che trovasi costituito il nostro, non lo si può sperare, per i suoi abitatori, più di quanto lo possa sperare la Sicilia, per i Siciliani.
Nel foglio che annetto alla presente, troverai alcuni cenni sulla strada di Salerno, e su quella verso Pesto; sarà questa l’ultima, e potrei quasi dire la più splendida idea, che io potrò riportare completa nel settentrione, ed a mio avviso poi, il tempio centrale è superiore a tutto quanto si vede in Sicilia.
Per quanto poi riguarda Omero, potrei dire addirittura che mi si sono aperti gli occhi; le descrizioni, le similitudini ci possono parere poetiche; sono però di una naturalezza incredibile, riprodotte con una precisione, con una cognizione di ogni particolare, la quale reca stupore. Anche i casi più strani, i meno comuni, posseggono una naturalezza che io non ho mai capita bene, quanto in vicinanza agli oggetti descritti.
Permettimi di condensare in queste poche parole il mio pensiero; rappresentano quello che esiste; e noi soltanto quanto vediamo; descrivono quanto è terribile, quanto è piacevole; noi descriviamo quanto appare terriribile, piacevole, e via dicendo; e da questo nostro difetto traggono origine l’esagerazione, lo stile manierato, le grazie di gusto equivoco, l’ampollosità; imperocchè si carica sempre la dose, si teme sempre di non produrre abbastanza effetto. Forse non dico cosa nuova; ad ogni modo, ho avuto di recente occasione di conoscere, di per-