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della città, mi additò una casa alla quale danno nome di casa del diavolo, pretendendosi sia stata costrutta da questo distruttore universale di ogni cosa, nello spazio di una notte. Se non chè, il buon giovane, non si avvedeva della particolarità più curiosa, ed era, che questa casa si è l’unica di buon gusto che io abbia veduta in Trento, dove per certo la deve avere costrutta anticamente un qualche architetto italiano capace. Partii alla sera, dopo le cinque, accompagnato come il giorno precedente, tosto che fù tramontato il sole, dal canto dei grilli. Dopo un miglio si cammina fra muri, sopra i quali si stendono i tralci delle viti; e dove i muri non raggiungono altezza sufficiente, si sollevano quelli per mezzo di sassi, di legni od altrimenti, allo scopo d’impedire i viandanti di potere stendere la mano ai grappoli. Molti proprietari poi, per meglio ancora guarentire questi, li spruzzano d’acqua satura di calce, la quale non reca punto pregiudizio al vino, imperocchè la fermentazione purga l’uva da ogni materia estranea.


Li 11 Settembre a sera.

Mi trovo ora in Roveredo, dove si cangia lingua; finora si parlavano alternativamente l’italiano, ed il tedesco; qui ebbi per la prima volta un postiglione pretto italiano; il mio albergatore non capisce più il tedesco; mi è forza far prova della mia abilità nel parlare l’italiano, e mi rallegro tutto, nel pensare che quind’innanzi quella bella lingua, dovrà essere la mia lingua abituale.


Torbole, il 12 Settembre al dopo pranzo.

Quanto bramerei che i miei amici si trovassero ora per pochi istanti al mio fianco, per poter godere dessi pure, della vista incantevole che mi stà davanti.

Avrei potuto arrivare a Verona fin di questa sera, ma avrei dovuto per questo lasciare in disparte uno stupendo