Pagina:Goethe - Ricordi di viaggio in Italia nel 1786-87.djvu/360


— 346 —


Giunto nella caverna del leone, fui introdotto dal servitore pulcinella in una vasta sala da pranzo, dove stavano sedute ad una lunga tavola di forma ovale, un quaranta persone all’incirca, nessuna delle quali pronunciava parola. Il posto a diritta del governatore era vacante, e lo staffiere mi portò colà.

Dopo avere fatto un profondo inchino al padrone di casa ed ai convitati, sedetti, adducendo a scusa del mio involontario ritardo, l’ampiezza della città, non che il suono delle ore all’italiana, che già molte volte mi aveva indotto in errore. Il governatore mi guardò con occhio truce, dicendo che nei paesi forastieri era d’uopo informarsi degli usi locali, ed averli presenti all’occorrenza. Risposi essere sempre stato quello il mio metodo, però avere avuto più volte occasione di riconoscere, che nei primi giorni specialmente che si arriva in un luogo affatto nuovo, di cui nulla si conosce, è difficile evitare qualche sbaglio, a cui del resto la stanchezza del viaggio, la distrazione degli oggetti nuovi, le difficoltà di trovare alloggio, le disposizioni a dare per proseguire il viaggio, possono già per sè valere a scuse.

Mi domandò allora il governatore quanto tempo io avessi intenzione di trattenermi a Messina, ed io risposi avrei desiderio potermi trattenere a lungo, per avere campo a dimostrargli coll’esatezza ad osservare suoi comandi la mia gratitudine per i favori di cui mi aveva voluto essere largo. Dopo un breve silenzio, mi domandò che cosa io avessi visto a Messina. Narrai in breve la mia gita del mattino, aggiungondovi alcune osservazioni, e conchiudendo che la cosa la quale mi aveva recata maggior sorpresa, era stata l’osservare la pulitezza, e l’ordine che regnavano nelle strade di quella città distrutta. E per dir vero era meraviglioso lo scorgere tutte le strade sgombre di rovine, in quantochè si erano cacciate le macerie nell’interno delle case rovinate; i sassi si erano disposti in ordine regolare contro le case, in guisa che il centro delle strade rimaneva libero al passaggio, ed al