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sure, e tutto quello che si vede, porge l’aspetto di un bel quadro, pieno di vita. Le trecce voluminose delle donne, il petto nudo degli uomini, i loro giubboncini corti, i buoi bellissimi che tornano a casa dal mercato, gli asinelli carichi, tutto vi ricoda uno dei bei quadri di Enrico Roos. Ed ora che venne la sera, che un venticello leggerissimo muove appena le nubi che stanno sui monti, e che paiono quasi parte del cielo, ora, che tramontato il sole, si comincia a sentire il canto del grillo, io mi sento, a questa distanza, quasi fossi a casa mia, e non già in stanza accidentale, e tanto meno poi in esilio. Mi abbandono a pensare, quasi io fossi nato qui, vi fossi stato educato, e vi facessi ritorno da un viaggio nella Groenlandia, da una lontana spedizione in mare. Accolgo con piacere la stessa polvere sollevata dalle ruote del mio legno, che non avevo provata già da tempo, e che mi ricorda le strade della mia contrada natia. Il canto delle locuste non è punto spiacevole, e diverte quando in un campo un qualche ragazzo cerca imitarlo, e si direbbe sorga fra i due cantori una vera gara musicale. Ed anche questa sera, la temperatura è mite, quale fu nella giornata.

Se il mio entusiasmo venisse a cognizione di taluno il quale abitasse le contrade meridionali, ovvero venisse da quelle, secondo ogni probabilità lo troverebbe puerile. Se non che, tutto quanto io ora provo ed esprimo, lo ho desiderato a lungo, in fino a tanto ho vissuto e sofferto sotto un triste cielo, ed ora mi godo, quale eccezione, questa soddisfazione che ci dovrebbe pure essere guarentita per sempre, quale necessità di natura.


Trento, il 10 Settembre a sera.

Ho percorsa la città la quale è molto antica, ma che però possiede in alcune strade case nuove, di buona costruzione. Nella chiesa havvi un dipinto, il quale rappresenta il concilio ecumenico, intento ad ascoltare un di-