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Sotto Taormina, presso il mare,
martedì 7 maggio 1787. 

Non posso ringraziare abbastanza la provvidenza di avermi mandato Kniep a compagno; in quanto chè egli mi solleva di un peso, il quale mi sarebbe stato incomportabile, e che sarebbe stato poi contrario affatto alla mia natura. Egli è salito di bel nuovo colassù, per disegnare in tutti i loro particolari quanto avevano osservato assieme. Avrà d’uopo di aguzzare più di una volta la punta delle sue matite, e non sò quando potrà essere libero. Così avessi potuto rivedere io pure tutti quegli oggetti! Dapprima era quasi mia intenzione accompagnarlo, ma poi mi prese vaghezza di stare qui, di cercare un cantuccio, e di adagiarmivi come un uccello nel suo nido. Mi sono seduto sotto un albero d’arancio, in un cattivo orto trascurato di un contadino, ed ivi ho sciolta la briglia alla mia fantasia. Vi parrà cosa strana udire di un viaggiatore seduto al calce di un albero d’arancio, ma qui la è però cosa naturalissima, imperocchè l’arancio lasciato libero nel suo crescere, si divide appena uscito di terra in rami, i quali, col tempo, diventano veri alberi.

Seduto per tal guisa ai piedi del mio arancio, stavo ruminando ancora una volta il disegno della mia Nausicaa, nell’intenzione di vedere se si potesse ridurre a dramma, quell’episodio dell’Odissea. Credo pure che la cosa sarebbe possibile, solo converrebbe tenere bene presente la differenza essenziale, che corre fra il dramma, e l’epopea.

Kniep è sceso dalla sua altura tutto lieto, e soddisfatto dell’opera sua, avendone riportato due fogli grandissimi di disegno, eseguiti con tutta mitidezza. Varranno entrambi a richiamare in ogni tempo alla mia memoria questa stupenda giornata. Su questa bella riviera, sotto un cielo purissimo, soffia un zefiro dolcissimo; le rose sono in fiore, e si ode il canto dell’usignuolo. Si assicura che questi cantino qui durante sei mesi dell’anno.