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Catania, domenica 6 maggio 1787.

Il nostro buon sacerdote non si stanca dall’usarci cortesia. Egli ci portò a visitare le rovine di un edificio antico, le quali richieggono per verità un grande sforzo d’immaginazione per rappresentarcelo nella sua forma primitiva. Ci si fecero vedere i ruderi di un grande serbatoio d’acqua, di una naumachia, i quali, dopo le molte devastazioni a cui andò soggetta la città per i terremoti, le irruzioni della lava, le guerre, sono ridotti a così poca cosa, che soltanto un conoscitore profondo dell’architettura antica, si può trovare in grado di apprezzarli.

Il reverendo s’incaricò di presentare i nostri doveri al principe, e lo lasciammo, esprimendogli tutta la nostra gratitudine per le sue cortesie.


Taormina, lunedì 7 maggio 1787.

Grazie a Dio, tutto quello che abbiamo visto oggi fù già descritto abbastanza, ed inoltre Kniep ha stabilito di disegnare domani tutta la giornata. Quando si è salito in cima alle rupi scoscese, le quali sorgono a grande altezza a poca distanza del mare, si trovano due vette, riunite fra loro da un semicerchio. L’arte si valse dell’opera della natura, e ridusse il semicircolo ad anfiteatro, chiudendolo per mezzo di mura e di altre costruzioni in mattoni, e formando le gallerie, e le volte. Ai piedi del semicircolo, ridotto a gradinate, venne innalzata traversalmente la scena riunendo le due roccie, e per tal guisa si trovò compiuta l’opera immensa, dovuta all’arte non meno che alla natura.

Stando in cima ai gradini più elevati dell’anfiteatro, è forza ammettere che non vi è stato mai pubblico in un teatro, il quale abbia potuto godere di vista uguale. A diritta, in cima ad alte rupi sorgono castella; al dissotto