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lo sguardo tutto attorno, per vedere se non sorgeva in qualche angolo un qualche mostro mitologico.

Nulla vedemmo di questo genere, ed anzi trovammo nella sala una donna giovane e di grazioso aspetto, con un bambino di due anni all’incirca, che stavano colà correndo e divertendosi, ma che non tardarono ad essere cacciate con mal garbo dal troppo zelante albergatore, il quale disse alla donna, che nulla aveva a fare colà entro. — Se non che la giovane non si lasciò punto spaventare; replicando, «Sei pur duro, dacchè sai che non havvi modo di tranquillare il bambino quando sei lontano; e questi signori mi vorranno per certo permettere di divertirlo alla loro presenza.» Il marito non replicò, cercando portar via il piccino, il quale prese a piangere, ed a strepitare nel modo il più compassionevole, cosicchè ci fù forza alla fine intercedere per la graziosa donnetta, e per la sua creatura.

Posti in guardia dall’Inglese, non potevamo essere illusi da quella comedia; femmo i nuovi, gl’innocenti, in tanto l’albergatore fece valere i diritti di sua paternità. E per dir vero il bambino era graziosissimo con lui, e probabilmente la pretesa madre gli aveva dati pizzicotti dietro la porta, per farlo gridare. Intanto ella pure era rimasta colà, in attitudine di donna innocente, mentre il marito era uscito, per recare una nostra commendatizia, al prete di casa del principe Biscari. La donnetta non cessò di scherzare, in fino a tanto tornò il locandiere, il quale ci disse che l’abate stesso ci sarebbe venuto a trovare, ed a mettersi alla nostra disposizione.


Catania, giovedì 3 maggio 1787.

L’abate, il quale era venuto fin di ieri sera a fare la nostra conoscenza, comparve stamane per tempo, e ci portò nel palazzo il quale non ha che un solo piano molto alto, ed ivi ci fece vedere per la prima cosa il museo,