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La fatica sostenuta nello aggirarci salendo fra i ruderi di un teatro, appena visibili, ci tolse la volontà di visitare le rovine della città. Ai piedi del tempio si scorgono grossi massi di quella pietra cornea di cui si trovano i frantumi lungo tutta la strada, che qui porta da Alcamo. Nel terreno vegetale si scorgono ghiaie, le quali lo rendono più mobile, e più leggiero. Nelle piante di finocchio verde, osservai la differenza fra le foglie più in alto, e quelle più al basso; eppure è sempre lo stesso organo, dalla cui semplicità trae origine la varietà. Si strappano qui con molta cura le male erbe dei campi; gli agricoltori li ripuliscono tutti, palmo a palmo. Osservai pure molti insetti. A Palermo non avevo visto fuorchè vermi, lucertole, sanguisughe, lumache, di tinta per nulla migliore di quelli dei nostri paesi, anzi tutti soltanto di colore grigio.


Castelvetrano, sabbato 21 aprile 1787.

La strada da Alcamo a Castelvetrano, corre fra monti calcari e colline ghiaiose. Fra mezzo le pareti ripide e spoglie di vegetazione dei monti, si aprono valli ampie col suolo ondulato, tutte coltivate, ma non vi si scorge quasi verun albero. Le colline ghiaiose, fra le quali si rinvengono sassi voluminosi, rivelano l’azione, in epoca remotissima, delle acque del mare; la terra vegetale bella ricca di vari elementi, è più mobile di quelle che avevamo attraversate fin qui, per la presenza delle sabbie. Lasciammo Salemi ad un ora di distanza sulla nostra sinistra, ed arrivammo qui, passando fra rocce dove il gesso trovasi frammisto alla calce, ed a traverso terreni sempre più ricchi e più fertili. Si scorgeva in lontananza, a ponente, il mare; del resto la contrada è sempre montuosa. Trovammo piante di fichi atterrate; ma la cosa che eccitò maggiormente la nostra ammirazione, fu la quantità incredibile di fiori, che, quasi in aiuole, si alternavano e si suc-