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Allorquando, oltrepassato Monreale, pervenimmo sulle alture, vedemmo contrade magnifiche, piuttosto però sotto l’aspetto storico, che dal punto di vista economico. Si stendeva davanti al nostro sguardo, sulla destra, la linea piana ed orizzontale del mare, fra promontori ricchi di piante, ed a seguito di una spiaggia piana, senz’alberi, la quale porgeva il contrasto il più spiccato, colle roccie calcari di aspetto selvaggio. Kniep non si potè trattenere dal disegnare un piccolo schizzo di quella vista.

Ora siamo in Alcamo, città piccola, tranquilla, pulita, dove si trova una locanda discreta, la quale riesce opportunissima, imperocchè di qui si può andare visitare il tempio di Segesta, che sorge solitario, a poca distanza.


Alcamo, giovedì 19 aprile 1787.

Il soggiorno tranquillo di questa piccola città di montagna ci arrise, e ci siamo decisi a trattenervici tutta la giornata. Prima di tutto devo rendervi conto di quella di ieri. Già prima d’ora io avevo negata l’originalità del principe di Palagonia. Egli ebbe predecessori, e modelli. Sulla strada di Monreale, si scorgono a fianco di una fontana due mostri, e nella balaustra di quella alcuni vasi, nè più nè meno, che se ve li avesse collocati colà il principe.

Allorquando, oltrepassato Monreale, si abbandona la bella strada, e si entra in una contrada montuosa, si scorgono sassi, i quali, a giudicarne dal loro peso, e dai loro caratteri esterni, crederei possano contenere ferro. Tutti i tratti di terreno piani sono coltivati, e producono più o meno cereali. Sono di tinta rossa le roccie calcari, come del pari il terreno vegetale, formato dalle decomposizioni di quelle. Sono molti i campi di quella tinta; la terra loro è pesante; non vi si scorge frammista sabbia, e produce poi ottimi cereali. Trovammo piante di olivo molto grosse, vecchissime, e mutilate.