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Palermo, giovedi 12 aprile 1787.
Oggi ci portarono a vedere la raccolta di medaglie del principe di Torremuzza, e per dir vero vi andai poco volontieri. Io non m’intendo gran fatto di questo ramo, ed un viaggiatore mosso puramente dalla curiosità, non può a meno di riuscire molesto ad un raccoglitore colto ed appassionato. Ma dal momento che facciamo questa vita, mi convenne piegarmi a quanto dessa oggi richiedeva, e ne ricavai non solo piacere, ma ancora qualche istruzione; imparando se non altro, come il mondo antico fosse popolato di città, fra le quali, anche le più piccole, lasciarono ricordo delle varie epoche della loro esistenza, se non in una serie di opere di arti, in monete preziose. Da quelle vetrine spira un’aura primaverile di fiori e di frutti dell’arte, la quale richiama al pensiero un’epoca splendida, scomparsa per sempre. La magnificenza, ora totalmente sparita, delle antiche città della Sicilia, risorge all’aspetto di quei dischi incisi di metallo, in tutta la sua freschezza primitiva.
Sgraziatamente nella nostra gioventù non abbiamo visto altro fuorchè le monete delle famiglie regnanti, le quali non dicono nulla, non che quelle degli imperatori, le quali ripetono a sazietà lo stesso profilo, imagini di regnanti, le quali non si possono considerare altrimenti, fuorchè quali tipi della razza umana. La Sicilia e la nuova Grecia, mi fanno sperare il risorgimento di tempi migliori.
Dal momento che io mi diffondo in considerazioni vaghe e generali su questo argomento, potrete dedurre, che finora io ne so propriamente poco; se non che, anche questo verrà, poco per volta, e con il tempo.
Palermo, giovedì 12 aprile 1787.
Questa sera vidi soddisfatto un mio desiderio, e per dir vero in modo abbastanza strano. Stavo sul marciapiede