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gono oggetti pregevoli di antichità, e di storia naturale. Ci andò sovratutto a genio una medaglia, la quale rappresenta la figura di una giovane Divinità. I buoni padri non avrebbero frapposta difficoltà a che ne cavassimo un impronta, se non che difettava colassù tutto quanto sarebbe stato necessario, per potere precedere a quell’operazione.

Dopo averci fatto vedere ogni cosa, non senza lamentare la differenze fra le loro condizioni attuali e quelle dei tempi trascorsi, ci portarono in un grazioso salotto, dal cui balcone si godeva una vista magnifica; trovammo ivi apparecchiata la tavola per entrambi, e ci fu servito un ottimo pranzo Appena furono portate in tavola le frutta, entrò l’abate, accompagnato dal decano de’ suoi monaci, e si trattennero con noi una buona mezz’ora, indirizzandoci varie domande, alle quali procurammo dare risposta, nel modo che meglio valesse a soddisfarli. Ci separammo buonissimi amici. I monaci più giovani ci accompagnarono ancora una volta nella stanza dove stavano le collezioni, quindi alla carrozza, e tornammo a casa ben altrimenti soddisfatti che ieri. Oggi dovemmo lamentare bensì la decadenza di un istituto grandioso, mentre ieri dovemmo osservare in tutta la sua freschezza, il trionfo del gusto il più corrotto.

La strada da S. Martino scende fra monti di roccia calcare, la quale si fa cuocere, e la calce riesce bianchissima. Per alimentare le fornaci, si valgono di una specie di erba incolta, alta e dura, la quale si fa seccare, e si riduce a fascine. Fino sulle maggiori alture si scorge a fiore di terra argilla rossa, la quale forma il terriccio, e diventa tanto più rossa quanto più si sale in alto, e la vegetazione vi è più scarsa. Osservai in lontananza una caverna, rossa quasi, quanto cinabro. Il monastero poi sorge in mezzo a monti calcari, dove abbondano le sorgenti, ed i terreni attorno a quello, sono ben coltivati.