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vare modo il figlio, di dare sfogo alle sue pazze invenzioni.

Kniep, indegnato da tutte quelle stramberie, le quali urtavano il suo senso artistico, si abbandonò, per la prima volta dacchè io lo conosco, ad atti d’impazienza; egli mi trasse via di là, mentre stavo esaminando nei loro particolari quei prodotti di una fantasia sregolata e corrotta, cercando di rendermene in qualche maniera conto. Egli si decise finalmente però a disegnare una di quelle tante figure, l’unica forse la quale potesse presentare un certo senso. Era la figura di una donna colla testa di cavallo, la quale stava seduta, giuocando alle carte, con un vecchio cavaliere, vestito all’antica, il quale portava una corona in cima ad una voluminosa parrucca, gruppo allusivo probabilmente allo stemma, stranissimo esso pure, del principe, il quale rappresenta un satiro, che tiene uno specchio davanti una donna, la quale ha testa di cavallo.


Palermo, martedì 10 aprile 1787.

Oggi, salendo il monte, siamo stati a Monreale. La strada, costrutta da un abate di quel monastero, ricchissimo un tempo, è stupenda, comodissima al salire, fiancheggiata quà e là da piante, e particolarmente da varie fonti, ornate nel gusto di quelle del principe di Palagonia, vale a dire quasi barocco ed a casaccio, ma che però porgono agio a rinfrescarsi agli uomini, ed agli animali.

Il monastero di S Martino, il quale sorge sur un altura, si è edificio di bello aspetto. E raro che un solo celibatario possa fare qualcosa di ragionevole, e ne porge un esempio il principe di Palagonia; molti celibatari invece, riuniti assieme, produssero spesse volte opere ragguardevoli, e ne fanno testimonianza i conventi e le chiese. Le comunità religiose poi fecero più che tutte le altre, perchè più di qualunque altro padre di famiglia, furono certe di avere posterità smisurata.

I monaci ci fecero vedere le loro collezioni. Posseg-