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potere contemplare ancora a mio bell’agio la santa graziosissima, abbandonandomi a tutta quanta l’illusione della figura, e del luogo.

Il canto dei sacerdoti echeggiava nella grotta; le acque, mormorando, sgorgavano nel serbatorio vicinissimo all’altare, e le rupi del portico e della navata, formavano per così dire la cornice del quadro. Regnava un profondo silenzio in quel luogo solitario e deserto; e quella rozza grotta, splendeva di lindezza; a vece dello splendore della pompa del culto cattolico, in Sicilia specialmente, si accostava quivi alla semplicità dei tempi primitivi; l’illusione prodotta da quella figura di giovane seducente per un occhio pure esperto nell’arte, tutto contribuiva a trattenermi in quel luogo. Ebbi difficoltà a strapparmene, e e non tornai a Palermo, che a notte inoltrata.


Palermo, sabbato 7 aprile 1787.

Ho passato oggi ore piacevolissime, e tranquillissime nel giardino pubblico, aderente propriamente alla rada. La è località meravigliosa. Tuttochè di forme regolari, porge un aspetto magico, e tuttochè piantato di recente, vi trasporta nei tempi antichi. Vi si scorgono piante esotiche, circondate da siepi verdeggianti, viali di aranci, di agrumi ripiegati a foggia di volta, pareti di leandri, tempestate dei fiori rossi di quelli. È un vero incanto per l’occhio.

Osservai rami di forma curiosa in piante che non conosco, e che sono tuttora spoglie da fronde, per essere probabilmente originarie di regioni più calde. Sedendo sopra un banco, in un punto elevato, si gode l’aspetto di tutta quella vegetazione nuova e curiosa, e lo sguardo finisce per cadere sopra un’ampia vasca, dove si agitano, si muovono pesci dalle squamme d’oro e d’argento, ora nascondendosi sotto le canne ricoperte di muschio, ora venendo fuori a frotte, quando loro si caccia una bricciola di pane. La tinta verde poi delle piante, è diversa di