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mia mente fuorchè imagini; la terra fertilissima, l’ampio mare, le isole vaporose, il monte che fuma, e non riesco a trovare espressioni, per riprodurre tutte queste bellezze meravigliose di natura.

In questa contrada si comprende subito, come possa essere sorta nell’uomo l’idea di coltivare la terra, qui, dove tutto prospera in un campo, dove si può avere speranza di fare dai tre ai cinque raccolti in un anno. Mi si assicurò che nelle buone annate si raccoglie per fino tre volte in uno stesso campo, il grano turco.

Ho vedute molte cose e più ancora ne ho pensate; il mondo mi si allarga sempre più, e mi vado pure formando idea più precisa di quanto già sapevo. L’uomo è pure creatura la quale impara presto, ma che non riesce se non tardi, a trarre profitto di quanto apprese.

Mi spiace propriamente il non potere comunicare ad ogni momento le mie osservazioni; è bensì vero che ho presso di me Tischbein, ma sia qual uomo, sia qual artista, egli è sopra carico di pensieri, ha cento persone che chiamano la sua attenzione. Egli vive di vita propria, non può prendere parte ad altra esistenza, essendo operosa di già, ed attiva abbastanza la sua.

Per dir vero il mondo non è altro che una semplice ruota, uniforme nella sua circonferenza, la quale però ci si confà in modo meraviglioso, imperocchè giriamo con essa, noi pure.

Mi è capitato propriamente quanto avevo pensato sempre, vale a dire, che in questa contrada soltanto, sarei riuscito a rendermi conto di molti fenomeni di natura di molte opinioni intricate e confuse. Raccolgo molto, e lo porterò meco, compreso amore di patria, e soddisfazione nel vivere in compagnia di pochi amici.

Le sorti del mio viaggio di Sicilia sono tuttora sospese.

Gli Dei ora vi arridono, ora le contrastano.

Chi potrà mai essere l’amico di cui mi si annuncia con tanta segretezza la venuta? Purchè almeno io non manchi incontrarlo, quando realmente io mi debba imbarcare per l’isola.