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e di compiacersi almeno dell’apparenza di quelli, in difetto della sostanza.
Osservai ancora molti altri scherzi e frizzi di tal fatta, che non ho il coraggio di qui riferire. Possono divertire usciti da una bocca giovanile e bella, ma consegnati alla carta, col nero sul bianco, perdono tutto il loro pregio, ed è pur forza ammettere, che la libertà soverchia di parola può divertire sul momento; narrata però, e ripetuta a sangue freddo, finisce per urtare i nervi, per riuscire spiacevole.
Erano state recate in tavola le frutta, ed io nudrivo timore che la conversazione continuasse ancora su quel tuono; se non che, tutto al contrario, la mia vicina si volse a me in aspetto tranquillissimo, dicendo «Lasciamo che i Siracusani si divorino a loro talento i preti; a me non riesce però ferirne uno a morte, e neanco torre loro l’appettito.»
Ora poi lasciate che io vi faccia parola di cose serie. Che piacere si prova nel conversare con Filangieri. Che uomo eccellente; e quanto lavora! Gli ho detto spesse volte, quando avrete fatte le nostre nuove leggi, converrà studiare il modo d’infrangerle, che gli antichi ce ne hanno dato esempio abbastanza. Osservate solo quanto è bello Napoli; gli uomini da tanti secoli vi conducono vita lieta, e senza pensieri; e tuttochè di quando in quando vi s’impicchi qualcuno, le cose vi procedono sempre allo stesso modo. Egli mi fece proposta di portarmi a Sorrento, dove possiede una vasta tenuta, e dove il suo mastro di casa mi avrebbe fatto mangiare pesce squisitissimo, e carni eccellenti di vitella mungana. Disse che l’aria pura di quella spiaggia, la limpidezza di quel cielo, mi avrebbero guarito di tutte le mie preoccupazioni filosofiche; che non avrebbe tardato a venirmi raggiungere colà, e che la vita piacevole che avessimo fatta assieme, avrebbe cancellata ogni traccia di rughe dalla mia fronte.