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davanti alla porta di un bel palazzo, e non aspettandomi io, a trovare una cotanto splendida abitazione, gli feci ripetere, compitandolo, il nome della dama, ed egli mi assicurò che non aveva preso sbaglio. Entrai allora in una corte ampia, tranquilla, deserta, pulitissima, circondata dall’edificio principale, non che dagli accessori di un abitazione signorile. Tanto l’architettura quanto le tinte, erano quelle generalmente in uso a Napoli, di aspetto allegro. Sotto l’atrio, di fronte a me, sboccava una ampia scala, comodissima a salire, e su quella erano disposti in ordine dai due lati lacchè in grande livrea, i quali mi fecero profondi inchini, mentre passavo fra mezzo ad essi. Mi pareva essere diventato il sultano delle storie delle fate di Wieland, e seguendo l’esempio di quello, presi coraggio. Giunto in cima alla scala fui ricevuto da altri domestici, finalmente mi si aprì la porta di una vasta sala, la quale in tutta la sua ampiezza era vuota, e deserta di persone. Nel passeggiare sù e giù per quella, potei vedere in una galleria laterale una tavola, stupendamente preparata, per quaranta persone all’incirca. Arrivò finalmente un abate, il quale senza domandarmi nè chi io fossi, nè d’onde io venissi, mi trattò come se mi avesse conosciuto, parlandomi di varie cose.

Tutto ad un tratto si aprirono i due battenti di una porta, per dare passo ad un signore attempato, quindi tosto si chiusero di bel nuovo. L’abate ed io ci avvicinammo a lui, salutandolo con poche parole cortesi, alle quali rispose borbottando e potrei quasi dire abbaiando, in modo che non riuscii a comprendere una sillaba del suo dialetto da Ottentoto. Allorquando egli si accostò al camino, l’abate ed io ci traemmo in disparte. Entrò allora un monaco benedettino, corpulento, accompagnato da un giovane fraticello. Salutarono quelli pure il vecchio, il quale ricominciò a borbottare e ad abbaiare; quindi si avvicinarono a noi che ci eravamo ritirati nel vano di una finestra. I monaci, specialmente quando vestono con eleganza, godono grandi privilegi in società;