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gli uni contro gli altri, e consumati per così dire dall’ardore di quel torrente di fuoco, erano diventati simili a scorie di ferro. Tramezzo a tutte queste materie trasformate, si scorgevano pure massi di maggiore dimensione, i quali si sarebbero potuto dire estratti da una cava aperta di recente, e le nostre guide pretendevano essere quest’ultimi pezzi di lava antica, che di quando in quando la voragine caccia fuori.
Nel fare ritorno a Napoli osservai casipole di forma strana, ad un solo piano, e senza finestre di sorta, per modo che le stanze ricevono luce unicamente dalla porta, la quale si apre sopra la strada.
L’aspetto diverso della città, tutta in moto alla sera, mi fece nascere il desiderio di potermi fermare alquanto, per provare a riprodurne l’imagine sulla carta, se non che, non mi sarà tanto facile il riuscirvi.
Napoli, martedì 7 marzo 1787.
In questa settimana, Tischbein mi ha fatto vedere coscienzosamente, e spiegatomi buona parte della rarità artistiche di Napoli. Conoscitore profondo, ed abile disegnatore di animali, egli aveva fissata già dapprima la mia attenzione sopra una testa di cavallo in bronzo, la quale si trova nel palazzo Colombrano, ed oggi ci siamo portati colà. Questa reliquia artistica trovasi collocata nel cortile del palazzo, in una nicchia sopra una fontana, precisamente di fronte alla porta d’ingresso, e reca propriamente stupore; e quando quella testa trovavasi riunita alle altre membra dell’animale, il complesso doveva pure produrre un’effetto meraviglioso. Il cavallo doveva essere di mole superiore a quelli che stanno sulla chiesa di S. Marco, e la testa, comtemplata da vicino, ed in tutti i suoi particolari, ne rivela e ne fa risaltare con tanto maggiore evidenza, la forza, ed il carattere. Quale fronte stupenda, quale narici, quali orecchie tese, in atto di attenzione!