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cavaliere Filangieri, rinomato per la sua opera sulla legislazione. Egli appartiene a quella gioventù pregevolissima, la quale si propone la felicità dell’uman genere, ed una libertà temperata. Il suo contegno rivela ad un tempo il militare, il cavaliere, l’uomo di mondo, raddolcito però dall’espressione di animo gentile, sensibile, il quale si palesa in tutta la sua persona, in ogni sua parola, in ogni suo atto. Egli pure è devoto in fondo al suo re, alla monarchia, tuttochè non approvi tutto quanto accade; ma egli pure trovasi invaso dal timore di Giuseppe II. L’imagine di un despota, per quanto possa essere vaga, basta ad incutere timore all’uomo dabbene. Egli mi parlò con tutta franchezza di quanto Napoli aveva a temere da quella parte. Parlò pure volontieri di Montesquieu, di Beccaria, de’ suoi scritti stessi, e sempre nel senso di un animo mite, buono, mosso da intenso desiderio giovanile di operare il bene. Non avrà guari più di trent’anni.

Non tardò a farmi fare la conoscenza di un vecchio scrittore, che i giovani italiani, i quali propendono per le idee nuove, tengono in singolare pregio per la profondità somma del suo ingegno, e che pongono al di sopra di Montesquieu. Egli ha nome Giovanni Battista Vico. Da un rapido colpo d’occhio dato al libro di questi, il quale mi venne affidato quale oggetto sacro, mi pare contenga pronostici sibillini del retto e del bene che verrà un giorno, ovvero che dovrebbe venire, derivandoli da serie considerazioni intorno alla tradizione, ed alla vita. La è singolare ventura per un popolo, il possedere un patriarca di tal fatta; col tempo Haman1 forse sarà un codice di quella specie per i Tedeschi.

  1. Denominato il mago del Nord, autore di opere di genere alquanto strano e sibillino. (Il Traduttore).