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glio avvertita la differenza. So quanto io abbia fatto, e posso parlare, imperocchè avrei potuto andare più oltre ancora. Se la è grande soddisfazione il godere il bene, la è maggiore ancora quella di comprendere, di sentire il meglio; e nell’arte il meglio è abbastanza bene.


Napoli, il 3 Marzo.

Abbiamo impiegata la seconda domenica di quaresima a girare da una chiesa all’altra. Nella stessa guisa che in Roma tutto è serio, solenne, qui ogni cosa assume e porge aspetto ilare, piacevole. Conviene del pari vedere Napoli, per comprendere ed apprezzare la scuola di pittura napoletana. Qui si vede con meraviglia tutta intiera la facciata di una chiesa dipinta, dall’alto al basso; sopra la porta, Cristo il quale scaccia dal tempio venditori e compratori, i quali spaventati ruzzolano giù tutti dalle scale, a destra ed a sinistra. Nell’interno di un altra chiesa, la volta tutta quanta è ricoperta di una pittura a fresco, la quale rappresenta la cacciata di Eliodoro dal tempio. Luca Giordano doveva pure lavorare in fretta, per portare a compimento opere di quell’importanza. Parimenti il pulpito qui non è sempre, come dovunque altrove, una cattedra, un seggio per una persona sola; ma bensì una specie di galleria, dalla quale un cappuccino va sù e giù schiamazzando, rimproverando, ora ad una estremità, ora all’altra, dettando al popolo i suoi precetti. Quanto non vi sarebbe a dire, se si volesse tutto narrare!

Se non chè, non è fatta nè per narrare nè per descrivere, una notte splendida di plenilunio, quale si è quella di cui godiamo, passeggiando per le strade, per le piazze, a Chiaia, nel giardino pubblico lungo la spiaggia del mare!


Napoli, il 5 Marzo.

Voglio farvi parola, almeno in breve, di un uomo distintissimo che ho conosciuto in questi giorni. Desso si è il