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folla inonda le strade, si agita in quelle; il re si trova a caccia, la regina è di buon’umore; le cose non potrebbero andar meglio.


Napoli, lunedì 26 Febbrajo.

«Alla locanda del signor Mariconi, al largo del Castello.»

Tale si è l’indirizzo pomposo e sonoro, col quale ci perverranno quindinnanzi lettere, dalle quattro parti del mondo. In vicinanza al mare, ed al grandioso castello, si stende un ampio spazio libero, il quale, tuttochè attorniato di case dai quattro lati, non ha già nome di piazza, ma bensì largo probabilmente fin dal tempo in cui non era circondato ancora da abitazioni. Sorge su questo largo, o piazza, un grandioso casamento quadrato, ed ivi prendemmo alloggio, in una vasta sala d’angolo, la quale prospetta sulla piazza, sempre affollata di persone. Corre davanti a parecchie finestre un balcone, con ringhiera in ferro, il quale gira pur anco attorno alla cantonata. Se non soffiasse cotanto molesto il vento, non si muoverebbe più di colà.

La sala è dipinta a vivaci colori, ed i rabeschi specialmente dei vari scompartimenti del soffitto, accennano la vicinanza di Ercolano e di Pompei. Tutto questo sarebbe bello e buono; se non chè la mancanza totale non solo di fuoco, ma pur anco di camini si fa sentire in modo incomodo assai; febbraio, qui pure, mantiene i suoi diritti. Io provavo un intenso desiderio di scaldarmi alquanto.

Mi si recò un trepiede abbastanza alto, per potervi tenere comodamente le mani sopra. In cima a quello era posta una bacinetta poco concava, ripiena di carbone minuto, acceso, e ricoperto di ceneri. Con una piccola paletta si smuove di quando in quando la cenere, in modo da scoprire il carbone, che sprigiona alquanto di calore. Ma se si avesse troppa premura di scaldarsi, se si rimuovesse troppo di frequente, o con troppa forza il carbone, allora questo non tarderebbe a consumarsi, e sa-