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Ivi trovai sulla spiaggia le prime stelle, ed i primi ricci di mare. Trovai del pari foglie di un verde bellissimo, liscie al pari di carta velina e pietre curiosissime. Vi abbondano, poi come d’ordinario quelle di natura calcare, ma vi si trovano pure serpentine, diaspri, quarzo graniti, breccie, porfido, marmi di varie spacie, cristalli, di tinta verde ed azzurrina. È difficile che queste ultime qualità di pietre appartengano a queste contrade; provengono, secondo ogni probabilità, da rovine di edifici antichi, e scorgiamo pertanto sotto i nostri occhi le onde, le quali scherzano per così dire, colle reliquie dei tempi trascorsi. Ci trattenemmo volontieri alcun poco colà, prendendo pure piacere ad osservare i costumi degli abitanti i quali sono affatto primitivi. Partendo da Molo si hanno sempre punti di vista bellissimi, eziandio allorquando la strada si scosta dal mare. Abbiamo disegnato un piccolo seno di questo, graziosissimo. Trovammo un bellissimo verziere circondato e chiuso da piante di aloe, ed incontrammo le rovine pittoriche di un acquedotto, il quale scendeva dai monti.
Dopo varcato il Garigliano, si percorre, schivando un monte, una contrada abbastanza fertile, senza nulla incontrare di rimarchevole; finalmente si arriva alle prime colline di ceneri volcaniche. Ivi comincia una contrada stupenda, chiusa all’orizzonte da monti, le cui vette si scorgono ricoperte di neve; e sull’altura la più vicina si stende in lungo una città. In fondo alla valle giace S. Agata, dove trovammo una buona locanda, con un gabinetto, dove nel camino ardeva un bel fuoco; se non che la nostra stanza è fredda, non vi sono vetri alle finestre, ma unicamente imposte in legno, che io mi affrettai di chiudere.
Napoli, il 25 Febbrajo 1787.
Finalmente siamo arrivati qui felicemente, e con buoni pronostici. Vi ho tenuto discorso, anche oltre il dovere,