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grano, e piantati pure, quà e là, di olivi. Il vento agitava questi ultimi, mettendo in evidenza la parte inferiore delle loro foglie di tinta argentea, ed i rami si muovevano, e si piegavano con tutta facilità. Il cielo era coperto; ma un forte vento di tramontana prometteva sgombrarlo presto dalle nuvole.
La strada non tardò ad entrare in una valle, fra campi sassosi, però ben coltivati, dove i seminati si porgevano verdissimi, e rigogliosi. Di quando in quando si scorgono spazi di forma circolare, selciati, circondati da un muricciuolo; ed ivi si battono i grani, senza che sia d’uopo portarli, in manipoli, a casa. La valle era angusta, la strada correva in fondo a quella, fiancheggiata da ambi i lati da colline di natura calcare. Il tempo era freddo; tirava vento, e cadeva una specie di neve gelata, la quale si scioglieva con difficoltà.
Ci recarono stupore alcuni muri antichissimi, costrutti in quella foggia a cui i Romani davano nome di opus reticulatum. Le alture sono sassose, però coltivate ad olivi, dovunque si è potuto radunare terra vegetale a profondità bastante. Giungemmo in una pianura coltivata questa pure ad olivi, quindi incontrammo una piccola città. Notammo nelle mura di quella altari, antiche lapidi sepolcrali, frammenti di ogni sorta, nelle mura di cinta dei giardini; come parimenti i piani sotterranei di antiche ville di ottima costruzione, ma attualmente ingombri di terra vegetale, dove rigogliosi crescono gli olivi. Finalmente scorgemmo il Vesuvio, dalla cui vetta sorgeva una colonna di fumo.
A Mola di Gaeta fummo allietati di bel nuovo dalla vista di stupende piante di agrumi. Ci fermammo colà alcune ore, ammirando la vista bellissima del piccolo golfo. Seguendo coll’occhio le sponde del mare a diritta, si scorge all’estremità del semicerchio ed a poca distanza la fortezza di Gaeta, la quale sorge sopra uno scoglio. A sinistra la vista si stende maggiormente; si scorgono dapprima una catena di monti, poscia il Vesuvio, per ultimo le isole, e di fronte, quasi nel mezzo, sorge Ischia.