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potersi descrivere. Quale non sarà a Napoli! Presso di noi assume il più sovente tinta verdognola. Allo spettacolo di questa natura si ridestano le mie fantasie botaniche, e sono sulla via di scoprire nuovi rapporti nella natura, dove nulla vi ha d’inutile in tanta immensità, dove la varietà sorge dalla semplicità.

Il Vesuvio stà eruttando cenere e lapilli, e di notte tempo si scorge illuminata la sua vetta. Voglia la natura nella sua attività prepararmi un torrente di lava, che oramai non ho pazienza più di aspettare il momento in cui mi sia dato di potere contemplare questi grandi fenomeni di natura.


Il 21 Febbrajo 1787.

Mi valgo di alcuni pochi momenti di libertà, mentre si stanno preparando i miei bagagli, per ricordare alcune cose ancora. Domattina partiamo per Napoli, ed io godo in anticipazione di tutto quanto sarò per vedere colà di bello, nutrendo speranze di acquistare in quella contrada di paradiso nuova libertà di spirito, e volontà di dedicarmi più seriamente ancora al mio ritorno in Roma, allo studio dell’arte. Mi riesce facile il disporre il mio bagaglio, e vi attendo di miglior animo che sei mesi sono, quando ero sul punto di staccarmi da tutti quelli i quali mi sono cari, nonchè da tutto ciò che mi sta a cuore. Sono propriamente già trascorsi oramai sei mesi, d’allora in poi e dei quattro che ho passati a Roma, posso dire non avere perduto un solo istante, ed è pure ciò già qualcosa; però ancora non basta.

So che l’Ifigenia è arrivata costà; voglia Iddio che mi sia dato udire ai piedi del Vesuvio, che abbia incontrata buona accoglienza.

Sono lietissimo di fare questo viaggio in compagnia di Tischbein, il quale possiede colpo d’occhio cotanto sicuro per le cose naturali quanto per l’arte; e da buoni Tedeschi, non risparmieremo di studiare, di lavorare. Ab-