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sepolto in un angolo il Tasso. Nella biblioteca del convento si vede il suo busto. La figura è di cera, ed io sarei portato a credere, sia stata presa dal suo stesso cadavere. Tuttochè eseguita con poca cura, ed anche guasta in alcune parti, rivela meglio di qualunque ritratto, l’impronta di un uomo d’ingegno, d’indole fiera, gentile ad un tempo, e riflessiva.

E basti per questa volta. Ora io voglio ricorrere alla seconda parte del coscienzioso Volckman la quale tratta di Roma, per ricavare di là quanto mi rimanga ancora a vedere. Prima di partire per Napoli conviene che io falci quanto meno la messe; verrà pure il tempo opportuno a riunirla in manipoli.


Il 17 Febbrajo.

Il tempo continua ad essere di una bellezza indicibile anzi incredibile; dacchè siamo in febbrajo ha piovuto tutto al più quattro volte; il cielo è sempre limpido, e verso il mezzodì fa quasi caldo. Ora si cerca con piacere l’aria libera, e dopo essersi trattenuto fin qui colle divinità e cogli eroi, la natura riacquista i suoi diritti, e si gode a girare i dintorni, irradiati da un magnifico sole. Penso qui parecchie volte, come nel settentrione gli artisti tentino aggiungere qualcosa ai tetti di paglia, alle castella rovinate, ricorrendo alle acque, ai cespugli, alle roccie infrante, per ottenere effetto pittorico, e provo stupore, che dopo tanto lunga abitudine, cotali cose ottengano tuttora il loro scopo. Qui da due settimane ho preso coraggio; ho portato meco alcuni piccoli fogli nelle vallette, sulle alture delle ville, e senza porvi importanza di sorta, ho fatta una serie di schizzi, i quali portano propriamente l’impronta meridionale della campagna di Roma, ed ora proverò, confidando nella mia buona stella, ad aggiungervi la luce e le ombre. È strano che si sa, si conosce quanto è bene; e che quando si vuol provare a fare una cosa, l’abilità sfugge di mano, e non si riesce a