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per potere ancora, prima della mia partenza, conoscere sempre più l’antica capitale del mondo.

Da due settimane sono sempre in moto, dal mattino alla sera, cercando, e procurando di vedere, quanto non ho visto ancora. Visito per la seconda, per la terza volta, le cose le più importanti, onde acquistarne idea più giusta, più precisa, imperocchè, quando le cose principali sono allogate convenientemente, disposte in ordine, rimangono area e spazio, per quelle di minore importanza. Il mio gusto si rafforza e si raffina, ed ora comincio potere apprezzare a dovere quanto vi ha di grande, di autentico.

Si finisce per portare invidia agli artisti, i quali nell’imitare, nel riprodurre quei grandi pensieri, maggiormente a quelli si accostano, e meglio li comprendono, di chi soltanto li contempla, e si ferma a meditare, sovrà essi. In fin del conto però, ognuno deve fare quanto può, ed io sciolgo al vento tutte quante le vele del mio ingegno, per navigare in questi mari.

Il caminetto questa volta è propriamente ben riscaldato; i carboni sono accesi in bell’ordine, la quale cosa accade di raro presso di noi, imperocchè nessuno ha tanto facilmente tempo ed agio da potere attendere a badare per un paio d’ore al fuoco del camino; e pertanto io voglio approffittare di questo bel clima, per salvare dal mio taccuino alcuni appunti, i quali sono oramai già cancellati per metà.

Il 2 di febbraio abbiamo assistito nella cappella Sistina, alla funzione della benedizione delle candele, se non che vi trovammo poca soddisfazione, e non tardammo gli amici miei, ed io, ad uscire di là, imperocchè pensai, essere appunto il fumo di quelle candele, non chè quello dell’incenso, che da trecento anni in quà ha recato tanto danno a quelle stupende pitture, e che finirà per rovinare affatto quelle meraviglie dell’arte.

Ci affrettammo pertanto a cercare l’aria libera, e dopo una lunga passeggiata giungemmo a S. Onofrio, dove sta