Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 186 — |
gli argomenti nuovi, che mi si vennero affaccciando alla mente. Non avrei fatto meglio scrivere l’Ifigenia a Delfo, anzichè lasciarmi sedurre dalle fantasie del Tasso, e però vi ho posto molto del mio, che avrei potuto tralasciare inutilmente.
Mi sono posto nell’antisala, vicino al caminetto ed il calore di un buon fuoco mi diede il coraggio di cominciare un nuovo foglio, imperocchè la è pure cosa piacevole lo abbandonarsi tutto quanto ai propri pensieri, ed il cercare riprodurre colle parole l’impressione prodotta da tutto quanto vi stà d’attorno Il tempo è stupendo; le giornate sono bellissime, gli allori, i mirti, come parimenti i mandorli, sono in fiore. Stamane per tempo fui colpito da una vista singolare, viddi da lontano alti fusti di piante, di uno stupendo colore violaceo. Avvicinandomi a quelle, mi accorsi che appartenavano a quella specie che presso di noi si coltiva nelle stufe, ed alla quale diamo nome volgarmente di albero di Giuda, il cercis siliquastrum dei botanici, i cui fiori violacei, a foggia di farfalle, escono direttamente dal fusto. Le piante che mi stavano davanti, erano state tagliate nell’ultimo inverno; ed i fiori di odore vivace, e ben formati, sdrucciolavano a migliaia dalla corteccia. Le margherite spesseggiano sul suolo, al pari delle formiche; l’adone ed il croco vi sono meno frequenti, e per questo motivo appunto, fanno tanto più bella figura.
La vista di queste contrade meridionali, non mi procura soddisfazione soltanto, ma cognizioni ancora, le quali mi gioveranno sempre più efficacemente. La storia naturale si è come l’arte; molto si scrisse riguardo ad entrambe, e chiunque si dedica alla studio di quella, può formare sempre nuove combinazioni.
Quando io penso a Napoli ed alla Sicilia ancora, tosto mi sovviene come la storia non meno che i dipinti rappresentino, come in quelle contrade di paradiso sorgano pure i volcani, i quali da secoli scuotono con violenza il suolo, incutendo terrore agli abitanti.
Però scaccio da me l’idea di quelle viste seducenti,