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vi parlo così di sovente del vento, del sole, e della pioggia. Il viaggiatore per terra, quasi al pari di quello in mare, trovasi alla dipendenza del tempo, e sarebbe pure spiacevole dovessi trovare, viaggiando, un autunno altrettanto cattivo, quanto la pessima state che io m’ebbi stando a casa. Ora mi avvio ad Innspruck. Lascio ogni cosa a diritta ed a sinistra, per obbedire unicamente all’impulso, col quale ho dovuto contrastare anche troppo a lungo.


Mittelvalde, il 7 Settembre a sera.

Pare che il mio angelo custode abbia voluto dire amen al mio Credo, e lo ringrazio di avermi portato qui, in una giornata cotanto bella. L’ultimo postiglione mi diceva essere questa la prima, di tutta la state. Mantengo la mia segreta superstizione che il tempo vorrà durare bello; però converrà che i miei amici siano disposti a perdonarmi, se loro terrò ancora discorso del vento e della pioggia.

Allorquando partii da Monaco, alle cinque del mattino, il cielo si era colà rischiarato; ma i monti del Tirolo erano tuttora coperti di dense nubi, ed anche gli strati di quelle, nelle regioni inferiori, punto non si muovevano. La strada saliva, e si vedeva al basso correre l’Isar, sopra un letto ghiaioso. Ivi si può comprendere il lavoro delle correnti antichissime del mare. Trovai in vari strati di granito pezzi analoghi a quelli delle mie collezioni, avuti in dono da Knebeln.

La nebbia sul fiume e sulle praterie cominciò squarciarsi quà e là, finalmente si dileguò del tutto. In quella valle ghiaiosa dell’Isar, la quale si prolunga per varie ore, si scorgono terreni fertilissimi, al pari di quelli della valle del Regenfluss. Ad un punto si traversa l’Isar in uno stretto, le cui pareti salgono a ben cinquanta piedi di altezza. Si arriva a Wolfsrathausen, posto sotto il quarantottesimo grado. Il sole era diventato cocente, nessuno si affidava al tempo bello; tutti lamentavano la state trascorsa, tutti si lagnavano della provvidenza, la quale non pare stanca di mandare il mal tempo.