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un disegno, che porterò meco quale suo ricordo. Per tal guisa ora appunto che mi sto preparando a lasciare Roma, mi trovo avere iniziate relazioni con queste gentili persone, la qual cosa mi riesce di soddisfazione e di dolore ad un tempo, dal momento che io scorgo, che si vede con dispiacere la mia partenza.
Il 16 Febbraio 1787.
Ho appreso in modo singolare, e piacevole ad un tempo il felice arrivo costà della mia Ifigenia. Mentre mi trovavo per istrada, avviato al teatro dell’opera, mi fù sporta una lettera di pugno conosciutissimo, la quale mi tornò questa volta doppiamente accetta, per essere sigillata con un lioncello, la quale cosa mi provò tosto che il mio pacco era pervenuto felicemente a destinazione. Entrai in teatro, e fra tutte quelle persone a me sconosciute, cercai procurarmi un posticino immediatamente al dissotto del grande lampadario, ed ivi mi trovai cotanto vicino ai miei cari, che avrei ritenuti sentirli respirare, e poterli abbracciare. Vi ringrazio di cuore della premura usata nel accusarmi intanto semplice ricevuta, e così fosse che vi trovaste in grado di aggiungervi altra volta alcune buone parole di soddisfazione. Troverete qui annesso l’elenco degli amici miei, ai quali dovranno essere distribuiti gli esemplari che attendo da Goeschen, imperocchè nel mentre mi è poco meno che indifferente il giudizio che porterà il pubblico delle cose mie, desidero che queste valgano, se non altro, a procacciare qualche soddisfazione alle persone, a cui mi stringono vincoli d’affetto.
Ho intrapreso anche troppe cose. Allorquando prendo a considerare in complesso i miei quattro ultimi volumi, mi vien quasi da girare il capo; devo prenderli ad esame partitamente, ed allora le cose vanno bene. Non avrei forse fatto meglio attenermi al mio primo pensiero di pubblicare separatamente questi scritti, e d’intraprendere con nuovo coraggio, e con novello ardore a trattare