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allor quando il vento di mezzogiorno agitava le onde, e mentre mi trovavo solo per lo meno quanto la mia eroina sulle spiaggie della Tauride, tracciai le prime linee della composizione, alla quale lavorai assiduamente a Verona, Vicenza, Padova, e Venezia. Se non che, appena abbandonato di bel nuovo il lavoro, mi si presentò alla mente l’idea di trattare l’argomento diversamente, vale a dire Ifigenia a Delfo, e lo avrei tosto fatto, se non me ne avessero trattenuto le distrazioni continue, ed un certo sentimento di dovere, verso l’antica composizione.

A Roma poi, lavorai con una certa costanza. Alla sera, prima di andare a letto, mi preparavo il mio penso per il mattino, ed appena svegliato, mi affrettavo a compierlo. Il mio metodo era semplice, scrivevo il dramma pacatamente in prosa, verseggiandolo quindi, linea per linea, periodo per periodo. Ora spetta a voi altri giudicare il merito del lavoro, nel quale io ho quasi più imparato, che propriamente lavorato. Troverete poi unite al dramma alcune osservazioni.


Il 6 Gennaio.

Per tenervi ancora una volta discorso di cose di chiesa, voglio narrarvi che nella notte del Natale abbiamo vagato per la città, e visitate le chiese dove si compivano le funzioni. Una fra queste è frequentata in modo speciale, dove l’organo e la musica hanno un impronta tutta pastorale, riproducendo il suono delle zampogne dei pastori, il cinguettio degli uccelletti, come del pari i belati degli agnelli.

Nel primo giorno delle feste di Natale, viddi il Papa in S. Pietro con tutto il suo clero che circondava il suo trono, mentre egli celebrava le funzioni solenni del rito. È spettacolo questo unico nella sua specie, stupendo, imponente pure, se si vuole; ma io sono oramai troppo invecchiato nelle idee protestanti, e tutta quella pompa anzichè scalzarle, contribuiva a rafforzarle in me: potrei