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nuove ottengo il mio scopo; basta udire parlare il popolo, per potersi fare un idea esatta dell’indole di una contrada. Sono in questa tutti gli uni contro gli altri in modo strano; possedono un amore proprio municipale e provinciale vivissimo, ma si detestano poi tutti a vicenda; tutte le classi stanno in guerra le une contro le altre; e nella vivacità delle loro passioni compaiono tali quali sono, senza cercare a velare i loro difetti, e porgono al forestiero uno spettacolo curioso sempre, e talvolta anche comico.
Sono salito a Spoleto, e mi sono portato sull’acquedotto il quale serve in pari tempo di ponte, per riunire due monti. I dieci archi che attraversano la valle, sono costrutti in pietra; durano da secoli, e portano l’acqua in ogni punto della città. Ed è questo il terzo monumento che io vedo dell’antichità; desso pure di carattere grandioso. L’architettura di que’ tempi è quasi una seconda natura, la quale corrisponde agli usi civili, e da quelli ripetono la loro origine l’anfiteatro, il tempio, l’acquedotto. Comprendo ora come avessi ragione nell’odiare tutti gli arbitri, i capricci, quali a cagion d’esempio la casina sul Weissenstein, il nulla per il nulla, tutta quella profusione di ornati meschini, e simili cose. Tutto ciò non ha vita, è morto dalla nascita, imperocchè tutto quanto non ha esistenza propria, non ha vita, non può nè essere, nè diventare grande.
Quanta soddisfazione non ho io provata da otto settimane; quanto non si allargò la cerchia delle mie idee! Confesso però che non fù senza fatica! Tengo di continuo gli occhi aperti, e m’imprimo gli oggetti nella mente. Senza di ciò non mi sarebbe possibile portarne giudizio.
Non posso ritenere il Santo Crocifisso, cappella d’aspetto singolare che trovasi sulla strada, quale avanzo di un tempio antico che sorgesse in quella località, ma bensì quale una riunione, eseguita non solo senza intelligenza, ma in un modo addirittura pazzo, di colonne, di pilastri,