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chiamare sovr’esso l’attenzione degli architetti, meritando quello di essere studiato accuratamente, e disegnato con precisione, imperocchè, provai anche questa volta per esperienza, quanto poco si possa riporre fede nella tradizione. Palladio, nel quale io poneva piena fiducia dà un disegno di questo tempio, ma convien dire non lo abbia mai visto, imperocchè egli fa sorgere le colonne sopra piedestalli che posano sul piano, in guisa cho sono alterate le proporzioni tutte della facciata, la quale è ben più pura, ben più graziosa quale la si scorge in realtà. Non potrei esprimere tutto quello che ho provato nel contemplare quel monumento, e non potrò a meno di ricavarne profitto.

Me ne tornavo tutto soddisfatto, scendendo la strada che porta a Roma, per una bellissima sera, quando udii dietro di me grida selvaggie, di persone le quali pareva si disputassero. Ritenni fossero alcuni birri, che avevo osservati di già nella città, e senza badare ad altro continuai la mia strada, dando però ascolto a quanto succedeva alle spalle, e non tardai guari ad accorgermi, che si trattava della mia persona. Quattro di quegli schiamazzatori, due dei quali armati di schioppo, e di aspetto tutt’altro che benevolo, mi passarono davanti, borbottando alcune parole, e fatti pochi passi si volsero, e mi circondarono, domandandomi chi io fossi e che cosa stessi facendo colà? Risposi essere forastiero, ed essere venuto a piedi in Assisi, mentre il mio vetturino proseguiva il suo viaggio per Foligno. Non parve loro probabile che uno pagasse una carrozza per camminare a piedi. Mi domandarono se io fossi stato al Gran Convento. Risposi di no, soggiungendo, che conoscendo quello da buona pezza, ed essendo architetto, avevo voluto questa volta visitare unicamente S. Maria della Minerva, la quale come ben sapevano, era un prezioso edificio. Non lo negarono, ma trovarono male che io non fossi andato far visita pure al santo, ed emisero il sospetto che io potessi pur anco essere un contrabbandiere. Loro replicai ridendo, essere