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Gli olivi sono alberi meravigliosi, verdi quanto una prateria; vegetano talvolta tuttora per mezzo della scorza sola screpolata, dopochè venne in decomposizione il tronco. Ad onta di ciò, l’aspetto dell’olivo dura tuttora sano. Osservando le fibre del legno, si scorge che quell’albero cresce lentamente, e che il suo tessuto è compatto. L’olivo poi, non è molto ricco di foglie. Le colline in vicinanza di Firenze sono tutte coltivate a vigna, od olivi, e negl’intervalli fra i filari e le piante, si seminano cereali. Presso Arezzo ed oltre, i campi sono spogli di piante. Trovo che non si mette cura bastante a liberare gli olivi e le altre piante dall’edera, la quale talvolta le circonda, facendo loro danno; non sarebbe però cosa difficile. Non si vedono quasi praterie. Dicono poi che il grano turco stanchi molto il terreno, e che dopo l’introduzione di questo, l’agricoltura abbia perduto; ma io credo si deva invece ciò attribuire alla scarsità di concime.

Questa sera ho preso congedo dal mio capitano, promettendogli di andarlo visitare a Bologna nel mio ritorno. Egli era un vero rappresentante di buon numero de’ suoi connazionali. Voglio citarvi poche parole di lui, le quali basteranno a dare idea del suo carattere. Scorgendo che talvolta non parlavo, che stavo pensando, mi diceva. «A che cosa pensa! L’uomo non deve mai pensare! Pensando s’invecchia.» Ed un altra volta.» L’uomo non deve fermarsi in una cosa sola, perchè allora vien matto! Bisogna avere mille cose, una confusione, nella testa.»

Il brav’uomo, non poteva sapere per dir vero, che io tacevo e, stavo sopra pensieri appunto perchè io aveva nella testa una confusione d’idee nuove, ed antiche. Il fatto seguente varrà meglio ancora a dare idea della coltura di quel tipo italiano. Essendosi egli accorto che io ero protestante, mi domandò dopo alquanta esitazione, se si sarebbe potuto permettere di rivolgermi alcune interrogazioni, desiderando pure di venire in chiaro una volta, di cose per dir vero strane, ch’egli aveva udito in-