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ciato via di là. Basti il dirvi che afferrai con vera frenesia un occasione di venire via, ed ora mi trovo qui, in una poverissima locanda, e nella compagnia di ufficiale dell’esercito pontificio, il quale si reca a Perugia sua patria. Allorquando presi posto a suo fianco, in un legno a due ruote, gli dissi, tanto per entrare in discorso od a modo di complimento, che assuefatto nella mia qualità di Tedesco a trovarmi con militari, avevo piacere di fare oggi viaggio in compagnia di un ufficiale dell’esercito pontificio. «Non ve lo abbiate a male, mi rispose, la è cosa possibile che voi, quale Tedesco, abbiate un inclinazione per la carriera militare, imperocchè sento che in Germania tutti sono militari; ma per quanto mi riguarda, ad onta non sia pesante per nulla il nostro servigio, ed io mi trovi molto comodamente nella mia attuale guarnigione di Bologna, vorrei pure potere deporre questa divisa, e far valere i pochi beni di mio padre, se non che, io sono l’ultimo de’ suoi figliuoli, e mi è forza piegarmi alla mia sorte.»


Il 22 a sera.

Scrivo da Giredo, piccolo paesello sull’Apennino, dove io mi trovo benissimo, dal momento che io sono in viaggio, in conformità di quanto desideravo. Oggi si accompagnarono a noi un signore ed una signora, i quali viaggiano a cavallo; un Inglese, con una così detta sua sorella. Hanno due bei cavalli, ma viaggiano soli affatto senza seguito di sorta, ed il signore, a quanto pare, fa da palafreniere, e da cameriere. Si lagnano di tutto e di tutti, ed all’udirli si crederebbe leggere alcune pagine di Archenholz.

Gli Apennini sono per me una contrada meravigliosa. Nelle vaste pianure bagnate del Po, sorge una catena di monti di notevole altezza, la quale si prolunga fino all’estremità del continente italiano, in direzione di mezzodì, fra il Mediterraneo e l’Adriatico. Se questi monti non fossero cotanto ripidi, cotanto elevati sul livello del mare,