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Bologna, il 20 a sera.

Ho passata tutta quanta questa stupenda giornata all’aria aperta. Tostochè mi avvicino ai monti, risorge la mia passione per i sassi. Sono come Anteo, il quale si sentiva rinvigorire, non appena poneva il piede sulla terra, sua madre.

Ho fatta una gita a cavallo a Paderno, dove si trova il così detto spato bolognese pesante, del quale si formamano le piccole gallette, le quali calcinate, brillano nelle tenebre, quando siano state esposte dapprima all’azione della luce, od alle quali si da più conciso in modo e rettamente, il nome di fosfori.

Cominciai ad incontrare per istrada roccie, le quali rivelavano la presenza di ferro vergine, dopo avere lasciata una dietro di me una collina di sabbia argillosa. Presso ad una fornace attraversai un torrente, il quale corre in gola, dove scendono molti piccoli rivi. A primo aspetto credetti vedere una collina argillosa la quale fosse stata dilavata delle pioggie, ma esaminandola in vicinanza, ho dovuto persuadermi che era di natura diversa; il nucleo di questa parte della collina, è formato di ardesie a strati sottilissimi, i quali si alterano con il gesso. Quelle ardesie sono cotanto mescolate a piriti a base di zolfo, che al contatto dell’aria e dell’acqua, si trasformano totalmente. Gli strati si sollevano si spostano, e si forma una specie di argilla sgranata, le cui superficie piane, sono rilucenti al pari del carbone fossile. Ed unicamente col romperne vari pezzi piuttosto voluminosi, come ho fatto, mi fu possibile riconoscere i veri elementi, e scoprire il modo della trasformazione. Parimenti si possono rilevare nelle superficie piane punti bianchi, e talora anche gialli; per tal guisa si va decomponendo poco a poco tutta la superficie, e la collina prende aspetto di piriti a base di zolfo, decomposte. Trovansi pure fra gli strati taluni più duri, di colore rosso e verde, come parimenti rinvenni, spesse volte nelle pietre piriti a base di zolfo.

Scesi poi nella gola del monte, aperta dalle pioggie