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io non posso numerare, e che mi generano confusione; i Caracci, Guido, il Domenichino sorti in un risveglio dell’arte; se non che, per poterli apprezzare a dovere, occorrerebbero scienza, criterio, i quali mi fanno difetto; e che io non potrò acquistare se non poco a poco. Grande ostacolo poi, ad apprezzare queste opere d’arte, s’incontra nella stranezza e nella nullità degli argomenti che rappresentano, i quali indispongono, mentre si vorrebbe venerare quelle, e ritenerle preziose.

Si potrebbe dire che la stirpe degli Dei si sia mescolata alle figliuole degli uomini, e che ne siano sorti mostri. Mentre il genio sublime di Guido, la soavità del suo pennello, che avrebbe dovuta dedicare unicamente alla rappresentazione delle cose le più perfette, esercitano un vero fascino, spesse volte vi respingono la volgarità, il carattere orribile degli argomenti da esso trattati, che nessuna parola sarebbe abbastanza severa per qualificare; si ha sempre che far coll’anatomia, col patibolo, col macello, colle sofferenze dei protagonisti, non si rinviene mai un soggetto che ispiri interesse, che alletti la fantasia. Sempre malfattori, o convulsionari; sempre ribaldi o scimuniti, cosicchè il pittore per cavarsi dall’impiccio, dipinge un giovane baldo nudo, una graziosa spettatrice, ed in ogni caso tratta suoi santi quali i modelli in legno a snodature del suo studio, gettando loro sulle spalle un mantello, disposto in belle pieghe. In tutti quei quadri non havvi espressa un idea. Su dieci soggetti, uno solo forse meritava essere dipinto, e quest’unico non fu interpretato dal pittore nel suo vero senso.

Il quadro grandioso nella chiesa dei Mendicanti è un vero capo d’opera di pittura, ma ad un tempo il quadro il più insulso che si potesse commettere ad un artista, e pretendere da quello. Fu dipinto per un voto, fatto io credo dal senato, e ritengo abbia dato questo pure l’idea del quadro. I due angioli che sarebbero degni di consolare una Psiche nelle sue sventure, si vedono ivi costretti....!