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Bologna, il 18 Ottobre nella notte.

Questa mane di buonissima ora sono partito da Cento, e non tardai molto ad arrivare in questa città. Un servitore di piazza svelto, e che conosceva a fondo il campo della sua industria, non appena udì che io avevo intenzione di qui trattenermi per poco, mi portò a precipizio in tante strade, in tanti palazzi, in tante chiese, che io ebbi tempo appena di segnare sul mio Volckmann1 dove ero stato, e chi sa, se ad onta di quei segnali, potrò ricordare quanto ho visto? Al momento ricordo unicamente due punti lucidi, dove ho quietato.

Prima di tutta la S. Cecilia di Rafaello! La è quale già la conoscevo, ma ora posso dire di averla vista; egli riusciva sempre a fare quanto gli altri desideravano fare, e nulla di meglio, nulla di più potrei dire di quel quadro, se non chè desso è quadro di Rafaello. Scorgonsi a fianco della santa Cecilia cinque altri santi, i quali non mi vanno ugualmente a genio, ma formano tanta parte del quadro, che si desidera a questi pure una durata eterna, dacchè non potrebbero essere staccati da quello. Però, per giudicare rettamente Rafaello, per apprezzarlo secondo il vero merito, per non ritenerlo in certo modo un Dio, che al pari di Melchisedech non possa presentare nè padre nè madre, è d’uopo studiare, considerare i suoi predecessori, i suoi maestri. Questi posero le loro fondazioni sul terreno fermo e stabile della verità; vi lavorarono costantemente, assiduamente, e gareggiando gli uni cogli altri, innalzarono, mano a mano, la piramide, alla quale egli, favorito di tutti questi vantaggi, illuminato da un genio, propriamente divino, posò l’ultima pietra sul vertice che nessuno varrà più a raggiungere, non che superare.

  1. Volckmann Gian Giorgio, autore di lettere storico-critiche sull’Italia. Tradusse in Tedesco le lettere del Sestini sulla Sicilia, e sulla Turchia.

    (Nota del Traduttore).