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Viddi pure in vicinanza i cavalli che stanno sulla facciata della chiesa di S. Marco. Dal basso sulla piazza non si scorge che sono macchiati, parte di un bellissimo colore di metallo dorato, parte di colore verde di rame. Esaminandoli con attenzione, si scorge che anticamente erano indorati per intiero, e si vedono tuttora le graffiature fatte sui corpi loro dai barbari, per trarre l’oro dalla superficie. Meno male che le forme rimasero illese.

Sono pure una stupenda quadriglia di cavalli, e mi piacerebbe udire il giudizio al riguardo di persona versata nelle cognizioni ippiche. La cosa che mi ha colpito maggiormente, si fù che stando a loro vicini sembrano pesanti, mentre visti dal basso, sulla piazza, appaiono svelti, leggieri come capre!


L’8 Ottobre.

Mi recai stamane per tempo colla mia guida sul lido, quella lingua di terra la quale chiude la laguna, e che la separa dal mare. Scesi dalla gondola, attraversammo diagonalmente quella striscia di terreno. Udivo un forte rumore; era il mare, e non tardai guari a vederlo che si frangeva contro la sponda, nell’atto di ritirarsi però da quella, essendo l’ora in cui si ritirava la marea. Era pertanto il mare che io vedevo in quel momento, e lo potevo seguire sulla spiaggia, che mano mano si veniva scoprendo; avrei voluto si trovassero colà i nostri ragazzi, per farvi raccolta di conchiglie; feci io pure da ragazzo, scegliendone alcune, e mi potei persuadere della tinta nera che danno le seppie, le quali si trovano in abbondanza su quella spiaggia.

Stando sul lido, a poca distanza dal mare i due cimiteri degl’Inglesi e degli Ebrei, ai quali non si consente sepoltura nella terra benedetta del campisanto, destinato alla generalità della popolazione. Vidi colà la tomba del bravo console Smith, e della sua consorte; sono debitore al primo dell’edizione del Palladio, e glie ne manifestai la mia gratitudine, sulla sua sepoltura appartata.