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figura fina, espressiva, non scevra neppure di una certa alterigia; si direbbe che si trova poco soddisfatta davvero, della sua posizione.


L’8 Ottobre.

La mia antica dote caratteristica di contemplare le cose, coll’occhio del pittore le cui opere mi fanno impressione, mi ha condotto a fare una riflessione. È chiaro che l’occhio si forma a norma degli oggetti che si hanno in vista da giovani, e convien dire che i pittori veneziani vedessero le cose sotto un aspetto più limpido, più sereno, che gli altri uomini. Noi che siamo vissuti per lo più in una contrada ora fangosa, ora polverosa, senza colorito, di aspetto cupo, e rinchiusi inoltre spesse volte in appartamenti ristretti, non ci possiamo formare idea di quelle tinte calde, brillanti.

Allorquando io vo vagando per la laguna, alla luce di uno splendido sole, e che contemplo i miei gondolieri curvarsi sul remo, ed emergere, vestiti di colori vivaci, dal verde del mare nell’azzurro dell’atmosfera, posso dire di avere propriamente sott’occhio un dipinto della scuola veneziana. La luce del sole fa brillare i colori; le onde sono così leggiere, che si direbbe potere queste alla loro volta fare le parti di luce. E la stessa cosa si può dire della tinta del mare; tutto è chiaro, limpido, trasparente, sia l’onda spumante, siano gli sprazzi di luce, fra cui io occupo un punto impercettibile.

Tiziano e Paolo Veronese possedevano in sommo grado questa chiarezza, questa limpidezza di tinte, e quando fa difetto ai loro quadri, si può ritenere con certezza, che questi ebbero a soffrire, ovvero che furono ristaurati.

Le cupole, le volte, non che le pareti laterali della chiesa di S. Marco, sono tutte rivestite di figure, di ornati a colori su fondo in oro; e cotali lavori sono gli uni propriamente buoni, gli altri di minore pregio, a seconda della maggiore o minore valentia dei maestri i quali ne disegnarono i cartoni.