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visto durante quel mese. Per tal guisa, come ben si può comprendere, l’opera non gli deve avere costata molta fatica, e si presenta, nella seconda parte sovratutto, in forma alquanto sconnessa, ovvero scucita, come dire si voglia.
Avevo letto quel libro alla sfuggita, sono molti anni, quando non mi difettavano per certe altre occupazioni, e poco tempo mi rimaneva da dedicare alla lettura di cose geniali, ma per dir vero, non mi era rimasta impressione troppo favorevole di quell’opera dell’autore del Faust. Avevo trovato poco dilettevoli tutte quelle sue digressioni geologiche; quelle sue continue notizie meteorologiche; m’erano parse strane lo sue teorie in questi particolari; e mi aveva urtato i nervi quella preoccupazione costante de’ suoi pensieri, delle sue sensazioni, de’ suoi scritti, de’ suoi lavori, di quella sua eterna Ifigenia. Talune sue osservazioni poi mi erano pure sembrate peccare di soverchia ingenuità, potersi dire quasi puerili. Così pure mi aveva fatto senso lo scorgere, che l’autore passava talvolta sotto silenzio assoluto cose notevolissime, spendendo per contro molte parole attorno ad altre, le quali per certo non le meritavano. Per esempio, non gli avevo potuto perdonare di non avere scritto una parola da Palermo intorno allo stupendo duomo di Monreale, e di avere dedicata tutta una lunga lettera, alle stramberie di pessimo gusto del principe di Palagonia. Però, comunque fossero le cose, chiusi in allora il libro, e per lunghi anni non pensai più nè a Goe-