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Filosofia zoologica 41

Sovente ho potuto riconoscere questo fatto da che mi occupo con ardore di ottica e di cromatica. Ho l’abitudine, come suole accadere, di parlare dell’argomento che mi attrae in quel punto con delle persone estranee a una tale scienza. Quando si è destata la loro attenzione, esse scorgono dei fenomeni che mi erano ignoti, e che io avevo lasciato sfuggire alla mia osservazione, e per tal modo correggono dei convincimenti prematuri, e mi mettono in grado di andare avanti con maggiore speditezza, e di uscire dalla cerchia ristretta nella quale sovente le ricerche faticose ci tengono imprigionati.

Ciò che è vero pel maggior numero delle imprese umane è vero anche per queste: gli sforzi di parecchi, diretti verso il medesimo scopo, possono soli condurre a grandi risultamenti. È cosa evidente che la gelosia, la quale ci induce a togliere agli altri l’onore di una scoperta, come pure il desiderio smodato che ha l’uomo di condurre a buon fine una scoperta che egli abbia fatto e di perfezionarla senza aiuto d’altrui, costituiscono gravi ostacoli che l’osservatore si impone da se stesso.

Io ho tratto così grande vantaggio dal metodo che consiste nel lavorare con parecchi collaboratori, che sono ben lungi dal volervi rinunziare. Io conosco bene le persone alle quali vado debitore di questa o di quella scoperta, e proverò un vero piacere nel far ciò conoscere in seguito.

Se gli uomini ordinari, purchè siano attenti, possono rendere grandi servizi, s’intende come moltissimo si possa aspettare della riunione di parecchi uomini istrutti. Una scienza è per se stessa una massa tanto grande che può reggere parecchi uomini, mentre un uomo solo è incapace di sopportarne il peso. Le scienze somigliano a quelle acque fluenti, ma imprigionate in un bacino, che non possono superare un certo livello. Non sono gli