Pagina:Goethe - Principii di filosofia zoologica e anatomia comparata.djvu/43


Filosofia zoologica 39

gli verrà a mancare. Egli non ha più la pietra del paragone del piacere o della pena, della attrattiva o della ripugnanza, del vantaggio o del danno: questi criteri gli vengono oggimai a mancare interamente. Impassibile, sollevato per così dire al disopra della umanità deve sforzarsi di conoscere ciò che è, e non ciò che gli conviene. Il vero botanico non sarà colpito nè dalla bellezza, nè dalla utilità delle piante; egli esaminerà la loro struttura e i loro rapporti col rimanente del regno vegetale. Somigliante al sole che le illumina e le fa germogliare, egli deve contemplarle tutte con occhio imparziale, comprenderle nel loro complesso, e prendere i termini della sua comparazione e i dati del suo giudizio, non in se stesso, ma nella cerchia delle cose che viene osservando.

Quando noi stiamo considerando un oggetto in se stesso, o in rapporto cogli altri, ed esso non ci ispira nè desiderio nè antipatia, allora, con una attenzione ferma e tranquilla, noi ci possiamo fare un concetto abbastanza chiaro dell’oggetto medesimo, delle sue parti e de’ suoi rapporti. Quanto più noi allargheremo il campo di queste considerazioni, tanto sarà maggiore il numero degli oggetti che verremo a collegare fra loro, e tanto più in pari tempo si farà grande in noi, mercè l’esercizio, la potenza osservatrice di cui siamo forniti. Se noi sapremo far volgere a nostro profitto le nostre cognizioni nelle nostre azioni, meriteremo di essere considerati come abili e prudenti. La prudenza è cosa facile per l’uomo ben costituito, riflessivo naturalmente, o fatto tale dalle circostanze; impe-rocchè, nella vita, ogni passo è una lezione. Ma si tratta di applicare questa sagacia allo esame dei fenomeni misteriosi della natura; bisogna che l’uomo badi a ognuno dei passi che move in un mondo dove si trova per così dire abbandonato a se stesso;