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10 | p. gobetti |
Solo l’acuta vigilanza può consentire, attraverso il gioco, di evitare i pericoli della curiosa inversione che sembra punire il pacifico spettatore: questi infatti mentre pensa di svagarsi non s’accorge d’esser diventato un elemento del calcolo e del piacere altrui.
Ragionando pacatamente, senza preconcetti, si deve consentire che anche la scena non possa troppo arricchirsi di significati e di insegnamenti. Ripetuta, l’esperienza può nascondere imprevisti piaceri, ma resta arida, senza sorprese metafisiche. E’ un piccolo campo chiuso. Un mondo che alimenta chi se ne lasci corrompere. Studiato obbiettivamente da un osservatore abbastanza scaltro per non soffrire di compromesso si potrebbe dire che le difficoltà e i misteri vi si trovino numerati, predisposti in un facile calcolo.
Ho voluto che i risultati per me raggiunti si esponessero con aderente agilità in una forma intimamente organica, ma non sistematica. Dove il racconto suggeriva naturalmente considerazioni non risapute di estetica o di storia dei costumi ho lasciato lo spunto incompiuto, non sembrandomi delicato cedere alla tentazione di un discorso da riformatore. Sempre il parlare del teatro mi ricordava per naturale confidenza un interrotto conversare ironico. Nè potrò sembrare freddo, o io m’inganno, ma solo disinteressato — beninteso a chi non abbia dimenticato nell’enfasi di una goffa dedizione al mestiere il limite fondamentale dell’attenzione che per ogni ordine di studi vien suggerito dalla coscienza degli altri ordini che si tralasciano. Penso che il mio disinteresse si spiegherà nella cura assidua che anche qui traspare verso altre esigenze spirituali, non per invito di eclettismo, ma per consaputa ricerca di contem-